lunedì 17 settembre 2007

Un pò di storia



Domenica se il tempo vorrà faremo un escursione in una delle zone più tristemente famose della storia italiana.Non ho certamente la competenza per un trattato di storia che tratti le cause e le conseguenze di cio che successe sul confine orientale ma posso elencarvi una seppur stringata descrizione cronologica degli eventi nell’altoIsonzo.

Il confine prebellico del 1915
Allo scoppio del conflitto italo - austriaco la linea di confine compresa tra l’allineamento Cime Confine-Monte Canin e Cividale corrispondeva all’attuale demarcazione tra Italia e Slovenia. Toccava infatti la sella di Uccea, lasciando al regno d’Italia i paesi di Montemaggiore, Platischis e Prossenicco per salire ai monti Lubia, Mia, Matajur, Colovrat. Dopo questa flessione verso est, la piana di Tolmino rimaneva in territorio austriaco, il confine prebellico seguiva indicativamente il corso del torrente Judrio non discostandosi dall’ andamento odierno.

Cronologia delle operazioni militari tra Plezzo e Tolmino 1915-1917
1915

23 maggio il Regno d’Italia, legatosi segretamente a Francia ed Inghilterra dall’ aprile precedente, interrompe 1° stato di neutralità e dichiara guer­ra all’Austria - Ungheria, venendo meno all’al­leanza stretta con Austria e Germania che dura­va dal 1882.

24 maggio in seguito alla dichiarazione di guerra i reparti italiani varcano il confine a Stupizza e lungo le dorsali montane si dirigono verso la conca di Caporetto.

25,26 maggio i bersaglieri del 6° reggimento entrano a Caporetto e oltrepassano l’Isonzo spingendosi in direzione di Tolmino. I reparti del 30 reggimento alpini occupano Ie cime del Kozljak (btg. Exilles) e Plece (btg. Susa)

29,30 maggio primi attacchi alla linea Sleme-Mrzli (brigata Modena)

31 maggio gli alpini del btg. Susa occupano il Vrsic (quota 1897) e la colletta Vrata (quota 2012); si com­pleta lo schieramento difensivo austro-ungarico tra Plezzo e Tolmino (20ª div. Honved, 50ª e 1ª di fanteria)

2 giugno “scalata dei trentuno” alla quota 2102 del Vrata ed azioni contro il Rdeci Rob (btg. alp. Cividale); contrattacchi austro-ungarici lungo la linea Sleme-Mrzli (3ª , 8ª brg. mont.)

5 giugno il plotone Vallero occupa la quota 2076 del Vrata

16 giugno presa del Monte Nero (btg. alp. Exilles) e con­solidamento delle posizioni sulla catena del Vrata (quote 2138 e 2133 - btg. alp. Susa)

6,7 luglio battaglia per il Monte Rosso, I fase; contrattac­chi austro-ungarici (IV/53° Honved)

19,21luglio battaglia per il Monte Rosso, II fase; presa di
quota 2163 (btg. alp. Intra e Val d’Orco)

14 agosto iniziano le operazioni in conca di Plezzo

15 agosto i bersaglieri dell 11° reggimento entrano a Plezzo

23 agosto conca di Plezzo: il btg. speciale "Bes" attacca in zona Rombon e occupa il monte Cukla (quota 1766)

27 agosto conca di Plezzo: primo tentativo di conquista del Monte Rombon

21,23 ottobre Testa di ponte di Tolmino: presa del "trincerone" del Mrzli (900 fanteria, brigata Salerno)

Le operazioni del 1915 nella conca di Caporetto portano l' eserci­to Italiano a consolidare I' occupazione della catena Vrata/Monte Nero e ad attestarsi sotto le linee austro-ungariche dello Sleme­Mrzli. In quella di Plezzo mantiene le posizioni di fondovalle e quelle sottostanti il monte Rombon. Il compito principale di eli­minare la testa di ponte di Tolmino per aggiramento da nord a sud non riesce e le linee raggiunte rimangono pressoché immuta­te fino all'ottobre 1917. Inizia il primo inverno in montagna.

1916
12 febbraio conca di Plezzo: attacco austro-ungarico e perdita del Cukla (1 ° Gebirgschutzen)

17,18,19 marzoTesta di ponte di Tolmino: attacchi austro-ungarici sul Santa Maria e arretramento delle linee italiane sulle posizioni di destra Isonzo

10 maggio conca di Plezzo: ripresa del Cukla (btg. alp. Saluzzo e Bassano)

Fine luglio primi di agosto episodi di guerra di mine suI Mrzli vrh

16 settembre conca di Plezzo: secondo tentativo di conquista del Monte Rombon

Il secondo anno di guerra si caratterizza per le iniziative locali austro-ungariche finalizzate a migliorare alcune posizioni particolarmente minacciate e a vincolare sui fronte isontino il maggior numero di unita italiane in vista dell'offensiva di maggio in Trentino ("Strafexpedition"). Le operazioni italiane sono finalizzate soprattutto ad ottenere vantaggi nel settore Rombon ma rimangono senza esito, salvo la riconquista del Monte Cukla.

1917
agosto nel quadro dell'XI battaglia dell'Isonzo reparti del IV Cd.A. it. attaccano vanamente sul Mrzli e sul Monte Rosso (episodi di guerra di mine)

18 settembre il Comando Supremo Italiano dispone per la sistemazione difensiva della 2a e della 3a Armata

20 ottobre viene prevista un' “azione su tutta la fronte da Plezzo al mare con urto risolutivo dalla testa di ponte di Tolmino"

22 ottobre il Comando Supremo Italiano conferma la possibilità di un attacco austro-tedesco

24 ottobre scatta l' operazione "Waffentreue": le unità austro-tedesche attaccano le posizioni italiane del IV e del XXVII Cd.A. poste tra Plezzo e Tolmino e giungono a Caporetto e sul Kolovrat. Inizia il ripiegamento Italiano.

25 ottobre abbandono dell' altopiano della Bainsizza, la 2a Armata si ritira sulle linee di resistenza e viene rimosso il comandante del IV C.d.A. italiano, Generale Alberto Cavaciocchi

26 ottobre crolla l'ala sinistra della 2a Armata e si prospetta l' aggiramento dell'intero fronte isontino

27 ottobre il Comando Supremo ordina la ritirata sulla linea del Tagliamento

28 ottobre il Comando Supremo abbandona Udine

Le linee contraposte tra Plezzo e Tolmino al 24 ottobre 1917
Dal giugno 1915, dopo l'occupazione del Krn (Monte Nero, quota 2245), le linee contrapposte non subirono variazioni di rilievo per ventotto mesi estendendosi, con andamento Nord-Sud, le italiane dal Cukla alla piana di Volce e quelle austro-ungariche dal Rombon alla testa di ponte di Tolmin. L'asprezza dei luoghi, le difficoltà nei rifornimenti e le dure condizioni climatiche imposte da un fronte alpino costrinsero i due avversari a un'imponente opera di rafforzamento e sistemazione delle posizioni e la creazione a tergo di un complesso sistema di comunicazioni necessario a raggiungere in ogni modo luoghi prima sconosciuti o zone considerate inaccessibili all'uomo. Tale fu la mole dei lavori che montagne e vallate subirono profonde trasformazioni e ancora oggi se ne conservano le vestigia lungo tutto il fronte isontino.

La linea avanzata italiana, coincidente con le posizioni raggiunte dopo le prime operazioni del 1915, rimontava dal vallone dello Slatenik alla sella di quota 1270 difesa da un triceramennto blindato (il cd."trincerone") e da la raggiungeva il Kal (Cocuzzolo Camperi, quota 1698) posto all'estrema propaggine della dorsale del Vrsic (quota 1897), proseguendo poi lungo l'affilata cresta del Vrata - Krn fino a raggiungere l' acrocoro della Batognica (Monte Rosso, quota 2164). Riprendeva poi più in basso attestandosi alle pendici occidentali dell' allineamento Sleme - Mrzli vrh - Vodil, raggiungendo la sinistra Isonzo nel fondo valle davanti all'abitato di Gabrje ("linea dei mulini"). Riprendeva solcando la piana acquitrinosa il VoIce fino a Ciginj, inerpicandosi poi sulle ridotte dello Jesenjak e dello Jeza a fronteggiare le munite posizioni austro - ungariche di Mengore e di Santa Lucia di Tolmin.

Alla 1a linea seguiva la linea di difesa ad oltranza, che dalla stretta di Zaga si portava sulla catena del Polovnik e suI Krasji vrh per poi raggiungere più in basso la sella di quota 1270 andando a coincidere con la precedente linea avanzata fino alla cuspide del Krn (Monte Nero). Ridiventava un tracciato autonomo scendendo per il Kozljak e il Plece all'Isonzo presso la località di Selisce dove costituiva la posizione il retroguardia del cd. "sbarramento Isonzo".

Una terza linea, detta d'armata, proteggeva le vie di comunicazione con la pianura friulana, sbarrando la Valle Uccea tra il Monte Guarda e la catena dei Musi e correndo lungo la dorsale dello Stol fino allo Starijski si portava davanti a Caporetto con il caposaldo del Volnik a sud di Dreznica (Dresenza), da dove ripassava sulla destra Isonzo per Idrsko inerpicandosi poi per Golobi fin sulla cima del Kuk di Livek da dove proseguiva sulla lunga gobba del Kolovrat fino al Korada.

Gli austro - ungarici occupavano invece tutte le dorsali che fronteggiavano le posizioni italiane mantenendo in gran parte posizioni sopraelevate o comunque tatticamente più favorevoli alla difesa, potendo anche sfruttare per le linee arretrate e i rifornimenti l'ampio acrocoro del Bogatin.

Dal Rombon (quota 2208), passando per le posizioni antistanti il Cukla, la prima linea scendeva nella conca di Plezzo attestandosi sulle alture del Ravelnik da dove per lo Javorscek e Sella Golobar raggiungeva lo sperone Nord Ovest del Vrsic, mantenendosi a pochi metri dalla ridotta italiana del Kal (Cocuzzolo Camperi). Poggiando poi sulla bastionata formata da Lipnik (quota 1867), Veliki Lemez (quota 2043), Smohor (quota 1939) e Peski (quota 2176), formava un arco di cerchio attorno alIa rocciosa conca del Krnsko jezero (Lago Nero) agganciando le trincee italiane sul ciglione della Batognica (Monte Rosso) che poi abbandonava per sovrastarle dalla creste del Maselnik (quota 1903), Stador (quota 1903) e Rdeci Rob (quota 1913). Passando per 1o Sleme, il Mrzli e il Vodil raggiungeva la sinistra Isonzo nei pressi dell' abitato di Dolje a qualche centinaio di metri dalle linee avanzate italiane di Gabrje. Completavano le difese l'isolato cono del Grad (Monte Castello) che assieme alle alture di Mengore e Santa Lucia costituiva un formidabile sistema dominante il fondo valle Isonzo a protezione di Tolmin.

La battaglia di Caporetto
La data d'inizio fissata dapprima al 22 ottobre 1917, fu spostata di due giorni, al 24 ottobre, per via di difficoltà insuperabili di rifornimento, specialmente per la zona nord (Passi e monti già innevati). Il maltempo persistente impedì le ricognizioni aeree, facilitando la marcia di avvicinamento delle truppe ed evitando il disturbo dell'artiglieria nemica ai preparativi. Entro il 19 erano già pronte al fuoco 300 batterie dotate di munizioni per quattro giorni. Il 24 ottobre, alle 2.00 di mattina cominciarono i tiri dell'artiglieria lungo l'intero fronte, raggiungendo il massimo dell'intensità dalle 7.30 alle 8.00 quando entrarono in azione anche i lanciamine e lanciagas;la reazione dei cannoni italiani fu piuttosto debole. Appena cessata la tempesta delle granate, le truppe d'assalto si gettarono nelle trincee nemiche di prima linea, travolgendo i soldati storditi dal bombardamento o avvelenati dai gas tossici ( in una sola grotta morirono intossicati 3000 soldati italiani); l'attacco di sorpresa riuscì subito sull'intero fronte investito. In poche ore l'ala destra della II armata fu distrutta. Già la sera del primo giorno risultò che erano state superate la prima e la seconda linea italiana.La battaglia era persa.
La sera del giorno seguente 25 ottobre risultò che il sistema difensivo italiano avanzato era in dissoluzione; appariva sicura la conquista del Monte Stol, probabile quella del Monte Mataiur, imminente quella Monte Hum e Monte San Martino. Ora era decisiva la velocità, per togliere agli italiani la possibilità di organizzare efficaci contromisure. Il giorno 26 concluse la completa rottura del fronte italiano, dando la certezza di una grande vittoria. Decisiva per l’ordine di ritirata del generale Cadorna fu la conquista della Punta di Monte Maggiore (a sud della Sella Uccea), fatta dal primo reggimento Kaiserschützen, perché essa costituiva a nord il pilastro d’angolo dell’ultima linea difensiva e quindi gli italiani non potevano più pensare ad una resistenza a nord. A questo punto occorreva superare le colonne italiane in ritirata per raggiungere prima di loro i ponti sul fiume Tagliamento, passando e imbottigliando così in una enorme sacca le armate italiane, per annientarle. Ma questo piano fallì e gli austro-tedeschi poterono oltrepassare il Tagliamento appena il 4 novembre, dopo attacchi sistematici agli ultimi tentativi di resistenza, e proseguire l’avanzata il giorno seguente. Si perdette tempo anche al nord per raggiungere la zona di Belluno-Feltre ed il corso medio del Piave, cosicché la IV armata italiana riuscì in gran parte a sfuggire alla prigionia e ad attestarsi sul Monte Grappa. Infine bisognò fermarsi al Piave a causa dell’intervento di truppe inglesi e francesi e per la scarsità di munizioni e di rifornimenti, data la grande distanza dalle basi di partenza.
In conseguenza dello sfascio del fronte isontino gli italiani dovettero sgombrare anche l’intera linea d’alta quota dalle Alpi Giulie e Carniche alle Dolomiti ed ai Monti di Fiemme, fino alla Valsugana.
La pagina peggiore di Caporetto oltre al successo delle truppe austro-ungariche e tedesche, fu quello che seguì: il caos sulle strade, l'assenza di coordinamento e di collegamento, le brigate accerchiate e lasciate al proprio destino, i soldati dispersi, i furti e le violenze. Quando le armate in ritirata giunsero sulle rive del Tagliamento, della Livenza e del Piave, lì sui ponti la retrocessione delle truppe divenne un indescrivibile groviglio di uomini, carri, cavalli uccisi, colonne ferme per decine di chilometri. Non sarebbe andata così se i comandanti fossero stati capaci di organizzare la circolazione stradale, il traffico delle notizie e i rifornimenti. La disfatta di Caporetto costò agli italiani 11.000 morti, 19.000 feriti, 300.000 prigionieri, 400.000 fra disertori e sbandati, 3.200 cannoni, 1.700 bombarde, 3.000 mitragliatrici, 300.000 fucili.




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